Illustrazione italiana
Simplicius
I lanzichenecchi dell'aria
10 dicembre 1911- Anno XXXVIII-Num.50, pp 624
Simplicius mette in essere uno dei suoi dialoghi semiseri, tra il signor Qualunque e un suo amico. Il titolo è motivato dall’epigrafe " Due aviatori belgi sono in viaggio da Marsiglia al campo turco" telegramma del 3 dic." e l’argomento trattato è l’eccessiva libertà di movimento concessa a chiunque piloti un aereo e addirittura il libero possesso dell’aereo stesso (" perché si permette a chiunque di possedere un aeroplano e di esercitare la professione dell’aviatore, come potrebbe esercitare, che so io, quella del poeta lirico e magari futurista?"), mentre "l’aereoplano è essenzialmente un arnese di guerra", "l’aereoplano è nato per la guerra come il sottomarino; del sottomarino nessuno ha mai pensato possa divenire una qualunque imbarcazione per diporto".All’obiezione dell’amico "- e allora degli aviatori che faremo?" la risposta del sig. Qualunque " – […] della magnifica cavalleria dell’aria, dei preziosi siluranti del cielo", perché "l’aviazione fine a se stessa, non ha senso. O soldati o… acrobati". La risposta fintamente sdegnata dell’amico è una chiara boutade antidannunziana che nel Forse che sì aveva esaltato il personaggio dell’aviatore per così dire "da diporto", Paolo Tarsis "- Tu ingiuri una rispettabile classe di persone che finora ha meritato i canti dei poeti" "-Non è una professione quella di meritar i canti dei poeti. Oppure è una professione che può divenir pericolosa…"