Chini, Mario
Remigio Zena, il primo poeta coloniale italiano
, pp 241-257
Saggio su "Le Pellegrine", con particolare riguardo per la sezione titolata "Idumea", la stessa che condusse Raffaello Barbiera, nei suoi "Poeti italiani del sec. XX", Milano 1920, a chiamare lo Zena "poeta della colonia Eritrea". Citato anche Domenico Oliva, che, dalle colonne dell'"Illustrazione Italiana", nel maggio 1894, annunciava "La nostra Africa ha una poesia tutta speciale, a cui mancava il poeta, ma che ora lo ha, sincero, equanime, un po' innamorato". Il libro si merita invece la stroncatura di Benedetto Croce. Del libro di Zena, l'estensore del saggio recupera il senso di superiorità e distanza rispetto agli uomini e alle donne africane. Viene inserita una scelta delle poesie: "Il Canto della Sabbia Rossa (Dopo Dogali)", "Il Campo Abissino", "I Moretti" (di cui si apprezza il gioco di rime in -ris, -ghis, -Bis, -Adam, -Tram, -selam, -Mahamud,-Taulud, -Sud), "nigra Nox", "Alba Nox", "Rondò", "Gorghis Uarka (Canto funebre abissino)", Il "Ferro di Cavallo", "Ballata del pio desiderio", "Fresco Sogno", "Fosforescenza"