Il Corriere della Sera
a.c.
L’arabo di Bologna
, pp 3
L’arabo di Bologna si riferisce al ferimento del tenente colonnello Stroppa da parte di un giovane coscritto anarchico, Masetti: partendo da questo fatto estremo vengono messe in discussione le posizioni pacifiste non solo degli anarchici, ma anche di quel "mucchio di politicanti borghesi mascherati da sovversivi, che le loro approvazioni e disapprovazioni fanno dipendere o da ambizioni personali o da convenienze di equilibri numerici entro il loro partito o semplicemente dalla incurabile pratica di apparire troppo indipendenti e di far troppo caso, innanzi alla folla dittatoria, del loro buon senso e della loro coscienza". In ogni caso, al centro della scena è l’anarchia, "uno spazio d’ombra entro il quale riparano ogni sorta di frenetici e di malviventi", "gli oziosi che preferiscono al lavoro il vaniloquio e il turpiloquio delle adunanze più tumultuose e gli sfruttatori di donne egli sfruttatori d’ingenui e gli sfruttatori d’imbecilli". Solo dopo aver esternato il proprio disprezzo, l’autore trova modo di chiarire il senso del titolo: " Il tenente colonnello Stroppa ha trovato il suo arabo a Bologna. La ferocia e la vigliaccheria del suo feritore rassomigliano a quelle degli arabi che si scagliavano col fucile o col pugnale alle spalle dei soldati italiani tranquilli e senza sospetto.", ove è da segnalare come, in modo obliquo, si afferma ancora una volta l’idea della slealtà in combattimento degli arabi. Facile, e quasi inevitabile, l’opposizione conclusiva tra la "bestia velenosa", annidata proditoriamente nella caserma e l’insieme dei combattivi e fervidi "soldati d’Italia" : "L’Italia può avere un attimo di ribrezzo e di schifo per la bestia velenosa che s’è mostrata in una caserma, mentre tutti i soldati d’Italia sono fervidi di ansia pugnace e di amore per la patria".