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Domenico TUMIATI

Tripolitania

Treves, Milano, 1911

La prima edizione di queste note di viaggio, avvenuto nel 1904, era del 1905. Questa è una nuova edizione( la terza) illustrata, e rivestita ad hoc con una copertina «su cui sventola il tricolore» e in cui si intravedono, sullo sfondo, le sagome di due soldati. Significativo, e nuovo, è anche il sottotitolo “Nell’Africa romana” e il Proemio, datato “Pegli, 2 novembre 1911” e pubblicato in anteprima sulla «Illustrazione italiana» del 3/12/ 1911. Sulla stessa rivista, ma solo il 7 luglio 1912, apparirà una recensione all’intero volume, in cui, si dice, Tumiati “descrive da artista e da poeta la Tripolitania dove si recò sei anni prima della guerra”.Il pensiero centrale espresso nel Proemio è che la conquista della Libia risponde a due precise priorità nazionali, una di politica estera e una di politica interna: attestare la forza della giovane Italia unita, degna erede di Roma, e assicurare nuove terre ai contadini, costretti all’emigrazione in terre straniere, e nuovi spazi ai commerci. In Tripolitania, là dove «Roma riprendeva il suo Impero»,- afferma Tumiati- è cominciato “il risveglio della coscienza nazionale” e la “restaurazione” dello “spontaneo genio della nostra razza immortale”(pp.XVIII-XIX), perché se “gli avi nostri avevano liberato la patria” questa generazione ha il dovere di “proseguire l’opera loro, rendendola più grande, dilatandone i confini di là dai mari, poi che più non basta al pullulare della nostra gente”(pp.XIII-XIV).
Il testo si articola in ventitré brani, corredati da trentanove illustrazioni in bianco e nero, di fatto suddivisi in tre parti: la prima parte, che coincide con il momento della scoperta e del sogno a occhi aperti, racconta la partenza dall’Italia, il soggiorno a Tripoli, l’escursione per nave a Bengasi, dal dicembre 1904 al 1 febbraio 1905 (I-Il mare dei corsari; II-Tripoli misteriosa;III Donne saracene; IV- Musica al vento!- V-L’Eden; VI;La canzone araba della luna;VII-Le fauci del Sahara; VIII- Verso la “Montagna Verde”. Il golfo delle Sirene;IX- La chioma di Berenice). La seconda parte, molto più avventurosa e dinamica dal punto di vista dell’intreccio("questa vita nuova di fatica e di disagi" la definirà l’autore a p.157) e più essenziale nelle descrizioni, in alcuni punti condotte al limite dell’impressionismo (" sui poggi si vede sorgere qualche figura vagante, bianca o azzurra o rossa"p.162), racconta il primo e il secondo viaggio di Tumiati verso la catena del Gebel, nel febbraio e nel marzo 1905: (X-Il primo bivacco; XI-Tra i Beduini; XII- Il nido dell’aquila; XIII- Rumìa- XIV-La cavalcata notturna; XV- Le orme dei giganti;). La terza parte (XVI -Violette tunisine; XVII-Una morte a Sfaks; XVIII-Il marabuto del Giem; XIX-La città santa; XX- L’ultima Harim; XXI- La nuova Tunisi; XXII- Il bagno di Didone) è ambientata in Tunisia e quindi, da un lato, non può non rimarcare i "passati e futuri" errori di valutazione sulla politica coloniale ( "Quando la nostra generazione sarà al potere, saprà far suo pro’ degli errori trascorsi' […] Per ora, noi siamo costretti a girare pel mondo col rossore sul volto, vergognandoci di ciò che è stato commesso, e trepidando per ciò che dovrà farsi ancora […] Meglio, meglio mille volte, gettarsi in mezzo al grano che ricopre ondeggiante le rovine di Cartagine […] che vagare per le vie di Tunisi, come ombre della nostra vergogna!"p.265) e dall’altro non può nascondere il progresso (la ferrovia, ad esempio) portato dalla Francia in queste terra d’Africa, progresso che peraltro segna la fine dell’"Africa araba, l’Africa pittoresca"(p.259); per il resto, si torna al tono un po’ enfatico e minutamente descrittivo della prima parte: "Dietro a una linea ondulata di arena, si delineava di un pallido colore d’ametista la catena dei monti Tabagua e verde, fresca, adagiata sul mare, Gabes, l’oasi tunisina. Chi erano quegli uomini dalle larghe culottes rosse e dalla giubba celeste' Erano soldati francesi'" (p.204).Complessivamente il volume di Tumiati può considerarsi come una sequenza di appunti di viaggio, "cartoline esotiche" che il giovane Tumiati, dannunziano entusiasta ed eccessivo, confeziona pensando allo stupore degli amici e dei lettori italiani: da qui, l’intenso cromatismo delle descrizioni di paesaggio, il funambolismo delle sinestesie, l’apparizione differita degli oggetti, la suspence, l’elenco infinito di parole straniere, gustate essenzialmente nella loro veste fonica, l’enfasi esclamativa che sta tra il sogno e il miraggio ( e del resto dirà a un certo punto: "Uno stupore profondo mi guida, come se avessi varcato le soglie di un’altra vita", p.13):"Un soffio aranciato scorre laggiù fra le nubi: l’orizzonte estremo si colora di rosa e un punto solo, una scintilla, palpita debolmente…è il faro di Tripoli. Da una dolce nebbia rosata, tutta rorida di pioggia notturna, si svolge una linea sinuosa…la terra: azzurra dapprima, e poi a grado a grado più scura, distinta infine n un formicolio di palmizii e in un lontano accenno di minareti…Una barca con le vele gonfie viene ondeggiando verso di noi […] si stacca una massa oscura, il castello…mura bianche e palme e palme si delineano, si abbandonano in un cielo tutto d’oro. Il mare si fa calmo e dolce in un cielo tutto d’opale, con spume di rosa."(p.10).D’altro canto, in alcuni brani l’ideologo sovrasta completamente il viaggiatore: la scena è inquadrata dal punto di vista politico o economico e all’interno di essa si evidenzia la fertilità, reale o potenziale, del terreno (p.63 e p.71) , si cercano con attenzione tracce del remoto dominio romano ( "Anche là dove Ghuma aveva il suo ritiro, era una fortezza romana; e sui poggi più elevati sono ancora gli avanzi dei traguardi romani […] . E dovunque gira lo sguardo, si arresta sulle capigliature cuper degli olivi millenarii, avanzi dell’pantica cultura romana"p.165; "Ovunque batta il piede, incontra una pietra posta dai nostri padri […] Roma fece ogni sua impronta eterna"p.193), si indica la spesa necessaria per rendere "ottimi porti" le "buone rade" di "Tripoli, Khoms, Sliten, Misurata, Bengasi, Derna"(p.103) , si sottolineano i rischi di una penetrazione commerciale della Francia dalla Tunisia a Ghadames, si indicano le disfunzioni dell’esercito turco ( "i soldati sono disordinati negli esercizii e laceri nelle uniformi"p.42) e si enfatizzano i contrasti tra arabi e turchi ( "Le truppe turche vivono appartate dalla popolazione" p.42; " Arabi e Berberi vivono […] in ostilità, spesso mal celata, verso l’esercito"p.43). Lo stile si adegua a questo cambiamento di tono e diventa asseverativo, con un incremento di termini astratti e una parallela perdita di colore locale, anche se Tumiati non dimentica mai di assegnarsi il ruolo di testimone oculare, esperto di fatti, luoghi e persone.

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