Gabriele D'Annunzio
Le canzoni della Gesta d'oltremare
Treves, Milano, 1912
"Le canzoni della gesta d'oltremare" , poi raccolte a tamburo battente dall'editore Treves nel gennaio 1912 con l'indicazione "Merope", IV Libro delle "Laudi del cielo del mare della terra e degli eroi", furono pubblicate in terza pagina dal "Corriere della sera", "nei giorni d'ansia nazionale",come "poesia di tutti nella grande ora unanime", secondo questa cadenza: l'8 ottobre 1911, una decina di giorni dopo l'inizio dei bombardamenti navali italiani contro il porto di Tripoli, La canzone d’Oltremare;il 22 ottobre, La Canzone del sangue ;il 2 novembre, La canzone del Sacramento con una " Nota alla Canzone del Sacramento" contenente in corsivo le prime otto terzine della successiva Canzone dei trofei in cui « le città marinare del Tirreno sono rievocate per quel che diedero e danno di sé alla nuova gesta», canzone pi èpubblicata il
12 novembre; il 23 novembre, La canzone della diana, in memoria del soldato Pietro Ari nato « in Cuglieri, in terra arborense»; il 3 dicembre , La canzone d’Elena di Francia, duchessa d’Aosta, crocerossina sulla nave ospedale Menfi.
Il 9 dicembre D’Annunzio spedisce al «Corriere» la Canzone dei Dardanelli, che però non viene pubblicata forse a causa di alcune terzine antiaustriache.Analoghi motivi di censura porteranno al sequestro della prima edizione Treves delle "Canzoni", il 24 gennaio 1912. La ristampa, del 26 gennaio 1912 sostituirà le terzine incriminate ( vv. 67-81) con dei puntini di sospensione.Il 24 dicembre 1911 il "Corriere" pubblica La Canzone di Umberto Cagni: Umberto Cagni comandava il corpo di spedizione di Tripoli, ma nella canzone si rievoca una sua spedizione artica, partita l’11 marzo 1900 dalla baia di Teplitz. Nella Nota, D’Annunzio collega il presente libico con il passato concludendo:«Con ancor più veloce energia la spada di Bu-Meliana fu stretta, sul limite del Deserto libico, dal pugno cui mancava la falange congelata nel deserto artico»."La canzone di Mario Bianco" appare in giornale il 7 gennaio 1912 e infine, il 14 gennaio viene pubblicata, sempre in terza pagina, "L'ultima canzone".Dopo la rapida raccolta in volume del 24-26 gennaio, già il 1 febbraio il "Corriere" ospitava in terza pagina una lunga, magniloquente, recensione di Ettore Janni con la quale si intende offrire ai lettori una precisa chiave interpretativa, capace, si sperava, di scongiurare la noia e la conseguente disaffezione dovuta all'eccesso di esibita erudizione. Il critico così esordisce:« L’Italia ha il poema epico della sua resurrezione novissima dopo i «giorni senz’alba»; e l’ha dal solo che poteva suscitarlo in sé e dagli eventi, con lo spirito intento agli aspetti eroici della vita, sotto il raggiante dominio della decima musa, Energeia» e conclude " Le forti canzoni hanno musicata la diana che scuoteva il torpido cuore d’Italia; hanno pronunciate le armoniosa parole che si affollavano nel pensiero degl’italiani; hanno rianimato, fuor dalle biblioteche e da’ musei, quell’enorme passato della nostra terra di cui non dobbiamo menar pompa con vanità di rètori ma a cui non dobbiamo e non possiamo rinunziare e che può ancora nutrirci con la sua midolla leonina; hanno riattestato anche nello stellante regno dell’arte quel diritto della nostra razza per cui i marinai e i soldati combattono e muoiono come i legionarii di Cesare, come i militi di Duilio, come i mercanti guerrieri delle nostre repubbliche marittime, come nelle steppe di Russia gl’italiani napoleonici, come i vinti e i vincitori nelle battaglie dell’indipendenza, come le vittime della sciagurata impresa eritrea…Questa è la Musa, bella e ardente, che semina il canto, per le estati che verranno, fra la sua gente". In mezzo, il riassunto dei testi, canzone per canzone: "Le terzine del poeta [ definite in un altro punto dell'articolo "le più belle della letteratura moderna italiana"] aprono l'avvenire con la "Canzone d'oltremare", richiamano con la "Canzone del sangue" il passato delle fiere memorie genovesi [...], glorificano la fede nella "Canzone del Sacramento", riuniscono l'Italia nei trofei che segnano il cammino della forte razza fino alle "vittorie da' bei nomi selvaggi", squillano la diana avanti ai bersaglieri di Gustavo Fara e ai cavalleggeri di Lodi [...] accompagnano i feriti uslla nave ove è ministra di pietà Elena di Francia [...]; prorompono, per la delusa aspettazione nella Canzone dei Dardanelli ad accenti d'ira e di rampogna., cantano in Umberto Cagni l'uomo italico, vvolontà e coraggio [...] e in Mario Bianco l'Italia giovinetta dedicata alla bellezza del domani col sangue di oggi, e il simbolo della patria nei bersaglieri di Bir-Tobras [...]".